Quando e perché la folta comunità presente in paese ha scelto questi luoghi per abitare. La maggioranza dei nostri concittadini di nazionalità romena lavora e convive serenamente con la popolazione locale e le nuove generazioni sono ormai “scrofanesi
di Cristina Cotarta
Negli ultimi decenni l’Italia è diventata una delle principali destinazioni per i rumeni che sceglievano di emigrare. Motivati dalla ricerca di una vita migliore, di opportunità di lavoro o dal desiderio di essere vicini a comunità già consolidate. Un numero significativo di rumeni giovanissimi negli anni 1993-1994 hanno scelto Sacrofano con l’obiettivo di sacrificarsi per qualche anno in modo da garantirsi una sicurezza economica per poi tornare a “casa” e costruirsi una famiglia vicino ai loro cari. Gli anni sono passati e la maggior parte è tornata a “casa” in Romania solo in vacanza. Nonostante aver sofferto sporadici episodi di discriminazione, la parte maggioritaria della comunità rumena a Sacrofano si sente inclusa e pienamente accettata nella società; il legame che si è creato nel tempo ha reso il paese una seconda “casa”, sentimento che è evidente soprattutto tra i giovani, per i quali è sostanzialmente impossibile definirsi interamente rumeni o italiani. La complessità identitaria delle seconde generazioni, il sentirsi “mezzo e mezzo” nutrendosi e aprendosi a due radici socioculturali, rappresenta un valore aggiunto nella odierna società globalizzata, nella quale il loro futuro difficilmente si giocherà solo in un orizzonte ristretto tra Italia e Romania. La comunità romena residente a Sacrofano è giovane, e una parte di essa è composta dalle seconde generazioni, ossia i figli degli stranieri nati in Italia o i ragazzi immigrati che hanno compiuto la formazione scolastica primaria. Quando arriva in Romania, un bambino cresciuto in Italia, viene spesso indicato con frasi del tipo “è arrivato l’italiano”. In Italia i compagni di scuola lo chiamano “il rumeno”. Sono figli di due paesi. Sono diversi e spesso sentono la loro diversità come un peso. È proprio nella fase della vita dell’infanzia e dell’adolescenza che le politiche di integrazione possono rilevarsi più efficienti ed efficaci, permettendo ai figli degli emigrati di ottenere gli strumenti e il capitale sociale paragonabile a quello dei loro colleghi italiani necessario per una felice e serena transazione all’età adulta. Il passaggio dalla prima alla seconda generazione di immigrati presenta sempre elementi di discontinuità di natura cognitiva, comportamentale e sociale. Un primo elemento di discontinuità consiste sicuramente nel diverso sistema di aspettative che nella maggioranza dei casi distingue i figli degli immigrati dai loro genitori. Le seconde generazioni che compiono il loro processo di socializzazione hanno interessi, stili di vita e desideri di consumo che tendono a ricalcare fedelmente quelli dei coetanei; difficilmente considerano per sé accettabili le modalità di “integrazione subalterna” sperimentate dai genitori. I lavori duri, faticosi, ripetitivi, spesso socialmente poco apprezzati, attraverso i quali i romeni immigrati di prima generazione sono riusciti a conquistarsi un reddito e un ruolo nel paese straniero, non vengono accettati dalla seconda generazione come destino certo, anzi tendono a essere rifiutati. Sicuramente il sacrificio dei genitori è riuscito a lasciare un segno indelebile sulle seconde generazioni. Gli studenti romeni sono ben integrati nel sistema educativo italiano. Tra loro ci sono tanti giovani che hanno ottenuto ottimi risultati concludendo il loro percorso di studi in maniera lodevole.