L’editoriale
L’anno scolastico ha bisogno di nuove energie
Le ragazze e i ragazzi e le loro famiglie, gli insegnanti e il personale non docente tornano alle prese con le difficoltà del mondo della scuola italiano. Cosa è possibile fare
di Marco Ferri
La sociologa Chiara Saraceni ha dato risalto a una ricerca di Action Aid, Ong internazionale, effettuata su un campione di oltre 14 mila ragazzi e giovani tra i 14 e i 19 anni. Dai dati raccolti risulta che 8 giovani su 10 non si sentono esteticamente adeguati. E più del 50% modifica il modo di vestirsi per paura dei giudizi. Che l’adolescenza sia l’età delle insicurezze è noto, ma è anche certo che non prevenirle e sottovalutarle rischia danni irreparabili. La scuola media può diventare l’occasione per prevenire i disagi dell’adolescenza. D’altra parte, il disagio se diventa patologico rischia di occupare la mente, sottraendo energie alla voglia di imparare, di stare insieme, di crescere. Prendersi cura della formazione dei nostri ragazzi non può essere semplicemente delegato alla scuola. Dovrebbe essere compito della collettività. Abbiamo già detto in passato della necessità di costruire una rete attiva tra scuola, biblioteca e teatro. Nello specifico, torniamo a suggerire che la biblioteca apra ai compiti a casa, magari coinvolgendo gli iscritti al centro anziani, perché, come volontari, possano aiutare le ragazze e i ragazzi a studiare, col beneficio di “tornare sui banchi di scuola”, e contribuire a mantenere viva in loro stessi la passione per l’apprendimento, dopo tanti anni passati lontano dalla scuola. Il collegamento operativo tra scuola e biblioteca non può che essere organizzato attraverso il contatto diretto tra la scuola e il Comune. Forse una prima fase sperimentale potrebbe essere una guida utile su come organizzare meglio il servizio. Lo stesso ragionamento, sia pure con modalità specifiche, vale per il rapporto tra scuola e il Teatro Alpi. Organizzare proiezioni e messa in scena di spettacoli legati all’attività didattica può trasformarsi in una formidabile spinta alla conoscenza, capace di arricchire il bagaglio culturale dei ragazzi, oltre che un esercizio di padronanza del sé. Va in questo senso, l’idea di dare vita a un laboratorio teatrale dedicato alle ragazze e ai ragazzi dell’IC Guido Pitocco, aperto anche ai plessi di Mazzano e Castelnuovo. Ma più di tutto, ciò che la costruzione di una rete di interscambio tra scuola, biblioteca e teatro può fornire ai ragazzi è l’addestramento all’uso degli strumenti culturali, capaci di accendere connessioni multidisciplinari tra ciò che si sta studiando a scuola e quello che la cultura è capace di rappresentare, per arricchire una visione condivisa della realtà. Da parte nostra, riprendiamo dal prossimo numero la pubblicazione dei migliori temi in classe, selezionati dagli insegnanti e segnalati dalla delegata del Comune
Classifiche
Come si sta a Sacrofano?
I dati del Ministero dell’Economia collocano il paese sesto fra i soli otto comuni del Lazio (su 378), a superare i 24.000 euro di reddito pro capite
di Piero Santonastaso
Alzi la mano chi ha sentito nominare Solonghello prima del maggio di quest’anno. Trattasi di un microscopico comune in provincia di Alessandria, ben 198 abitanti, balzato agli onori delle cronache per essere quarto nella classifica italiana del reddito imponibile pro capite 2023 (dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze): 47.801 euro, la metà della leader Portofino (94.505), ma più del doppio del reddito medio italiano (22.743). Qual è il segreto? L’immigrazione anglosassone, gente attirata dalla natura, dal cibo e… dall’istruzione. Merito della The Village Forest School della vicina Montaldo di Cerrina, scuola steineriana capace di far trasferire in Italia famiglie di registi, attori e scrittori per amore dei figli. Ma hanno contribuito al reddito anche tre grandi aziende agricole, due industrie e la vendita del castello a ricchi inglesi. E Sacrofano come sta? Bene, una volta fatta la tara alla collocazione geografica, che sul versante dei redditi imponibili vede dominare le regioni dei Nord: i primi dieci comuni italiani sono tutti lì, tranne due nella Toscana settentrionale. Sacrofano, si diceva: è uno dei soli otto comuni tra i 378 del Lazio ad aver superato i 24.000 euro di reddito nel 2023. Il reddito pro-capite è stato infatti pari a 24.936 euro per 4.958 contribuenti, con un aumento di 1.018 euro rispetto all’anno precedente. Significa una crescita del 4,3%, che sarebbe un eccellente risultato se non fossimo in presenza di un’inflazione al 5,7% che si mangia tutto l’incremento e in termini reali erode uno spicchio del preesistente. Sommando a questo aumento il +2,2% del 2022 e il + 4,2% del 2021 si può comunque constatare che sono state recuperate tutte le perdite del triennio 2018-2020 (rispettivamente -0,4%, -0,9% e -4%), legate principalmente al Covid. Quel “Sacrofano sta bene” potrebbe sembrare eccessivo, ma i numeri parlano chiaro. Il reddito pro capite dell’Italia è 22.743 euro e quello del Lazio 24.336. Il 24.936 di Sacrofano è più del doppio rispetto al centro più povero della regione (Terelle, in provincia di Frosinone, poco sopra i 12.000 euro) e vale il sesto posto tra i 378 comuni del Lazio, dietro a Grottaferrata (28.476), Roma (28.204), Monte Porzio Catone (26.580), Formello (26.023) e Frascati (25.105), ma davanti a Ciampino (24.412), Manziana (23.788), Santa Marinella (23.743) e Bracciano (23.333) nonché a tutti gli altri capoluoghi di provincia. Va sottolineato infine che il reddito medio nei comuni tra i 5.000 e i 25.000 abitanti è di 21.752 euro, cioè 3.200 euro in meno rispetto a Sacrofano.

(Foto di Gianni Gualerni)
5 ottobre al Teatro Ilaria Alpi
Lo sport scende in campo
Con la proiezione di “Maradona, San Gennaro e lo sciopero dei miracoli”, un film di Giulio Gargia, la Polisportiva Sacrofano presenta alla città le attività sportive che animeranno la stagione 2025-26 sul campo di Monte Sarapollo. Appuntamento domenica 5 ottobre, alle 18,00, Teatro Ilaria Alpi. Segue cena per finanziare la stagione 2025/26 della prima squadra.

Organizzato dal nostro giornale, in collaborazione con gli assessorati alla Cultura e allo Sport del Comune e la Proloco, la proiezione di “Maradona, San Gennaro e lo sciopero dei miracoli”, di Giulio Gargia, farà da introduzione alla prossima stagione sportiva di Sacrofano, che sarà implementata a giugno anche con la riapertura della piscina, del campo coperto da basket e da volley e della pista per l’atletica leggera.
L’appuntamento di domenica 5 ottobre, alle 18,00, al Teatro Ilaria Alpi, cui farà seguito la cena per raccogliere fondi utili alla prima squadra di calcio, è un evento pensato affinché i dirigenti della Polisportiva Sacrofano possano presentare alla città la nuova società sportiva, illustrando come è stata organizzata la stagione 2025-26, quali attività sono state pianificate e gli appuntamenti che hanno l’obiettivo di dare nuovo slancio allo sport di Sacrofano.
Il docu-film di Gargia è divertente, ma soprattutto ha l’arguzia di raccontare il rapporto profondo tra il gioco del calcio e la comunità che lo ama, che segue la squadra con affetto e rispetto, squadra di cui sente di essere parte, con cui stabilisce un legame genuino.
L’auspicio è che l’agonismo sportivo a Sacrofano, a cominciare dal calcio, sappia dimostrare di essere talmente consapevole della sua rilevanza sociale da ripudiare decisamente certi eccessi del tifo. Lo facciamo questo miracolo?
Il Palio
La contrada Monte del Casale vince il 30° Palio della Stella

(Foto di Matteo Marocchi)
Giuseppe Felici (a sinistra nella foto) su Mary Jey, cavalla sella inglese di 5 anni, nata a Sacrofano; ed Eugenio Scianetti, su Roma, cavalla maremmana migliorata di 8 anni, sono i due cavalieri della contrada Monte del Casale, vincitori del 30° Palio della Stella che si è svolto domenica 14 settembre a Sacrofano.
“È stata un’emozione fortissima”, – ha detto Antonietta Patriarca, capitana della Contrada Monte del Casale “Abbiamo riconquistato il Palio dopo 14 anni; la gioia dei contradaioli è ai massimi storici”.
“Da trent’anni il nostro Palio della Stella non è solo una gara” – ha dichiarato Patrizia Nicolini, sindaca di Sacrofano – “ È la nostra storia, la nostra identità, il cuore pulsante di Sacrofano che dura e si rinnova garantendo la continuità della tradizione, di generazione in generazione”.
Squilibri
Troppe anomalie nella formazione professionale
Spesso ci domandiamo perché si fatica a trovare un falegname per una riparazione domestica, un potatore di alberi da frutto, un fabbro saldatore o verdure coltivate localmente
Di Lorenzo Bandinelli
Guardando un manifesto pubblicitario affisso in paese nelle scorse settimane, un manifesto che promuoveva un istituto di formazione professionale privato con indirizzi lavorativi quali estetista, parrucchieri, sala bar e cucina, viene da chiedersi perché ha più appeal imparare a fare uno spritz abbia più appeal di saper potare una pianta. Questo offre spunto di riflessione in concomitanza con l’inizio dell’anno scolastico e una fotografia del trend dell’offerta formativa del territorio e sulle direzioni verso le quali sono spinti i ragazzi di Sacrofano. A livello nazionale negli ultimi decenni, il sistema scolastico italiano ha registrato un netto squilibrio nella distribuzione degli indirizzi formativi: sono aumentati i licei per numero e prestigio e parallelamente si sono ridotte le scuole professionali. Roma conferma e accentua il trend: c’è una disparità evidente tra l’offerta di formazione tecnica professionale e la domanda del mondo del lavoro. Il risultato è un paradosso educativo e occupazionale: si formano tanti studenti teorici, ma si fatica a trovare artigiani specializzati e giovani disposti a lavorare in settori strategici quali ad esempio l’agricoltura. Negli ultimi anni le iscrizioni ai licei sono aumentate costantemente.

Secondo il Ministero, più del 55% degli studenti italiani delle scuole superiori ha scelto un liceo per l’anno scolastico 2024/2025. Parallelamente, le iscrizioni agli istituti professionali sono crollate. Questo squilibrio si riflette anche sul territorio dove il numero di licei e istituti tecnici è ampiamente superiore a quello degli istituti professionali, il rapporto numerico è di almeno 20 a 1. A fronte di decine di licei presenti, distribuiti omogeneamente in tutta la città, gli istituti professionali si contano sulle dita di una mano e sono di difficile accesso rispetto al nostro territorio, spingendo di fatto la quasi totalità dei ragazzi residenti nell’area verso una formazione parzialmente disallineata con il mercato del lavoro e con le esigenze locali Uno studio della CGIA di Mestre evidenzia che negli ultimi 10 anni il numero degli artigiani presenti nel nostro Paese ha subito un crollo verticale di quasi 400mila unità Imprese del territorio laziale faticano a reperire personale formato in settori quali edilizia, meccanica e artigianato e, mentre la disoccupazione giovanile rimane alta e i ragazzi vengono indirizzati verso percorsi teorici, le aziende cercano competenze manuali e tecniche che il sistema formativo non riesce più a garantire. L’agricoltura è altresì affetta da questa tendenza: aree, anche nel nostro territorio vengono progressivamente abbandonate o destinate all’edilizia, abbondano oliveti non curati e aziende di produzione di frutta e verdura si contano sulle dita di una mano. L’assenza di percorsi formativi specifici, accessibili e innovativi può essere una delle cause alla base di questa tendenza. Le scuole agrarie sono pochissime, quindi non sempre accessibili, ed in generale manca una visione moderna del lavoro agricolo, che oggi richiede conoscenze tecnologiche, digitali e ambientali. Patiamo, forse, preconcetti culturali nei confronti del lavoro manuale: le famiglie spingono gli studenti verso i licei pur senza che questi garantiscano reali sbocchi professionali. L’orientamento scolastico spesso ignora o sminuisce le potenzialità delle scuole professionali, o le declassa a contenitori di ragazzi con poca voglia di studiare. Il risultato è che l’offerta locale di istituiti professionali è scarsissima, il rapporto con licei o istituti tecnici accessibili da Sacrofano è di almeno 1 a 20 talvolta supplito da scuole private che nella maggior parte dei casi avviano i ragazzi verso le professioni citate ad inizio articolo, tutte nobili e oltremodo dignitose ma che non possono essere l’unica o la prima alternativa professionale al percorso formativo canonico costituito da liceo e università Pena il rischio, nel prossimo futuro, di reperire con estrema facilità avvocati, ingegneri, architetti, consulenti aziendali di diversa natura ma anche buoni cocktail o manicure di alto livello ma di faticare a trovare un falegname per una riparazione domestica, un potatore di alberi da frutto, un fabbro saldatore o verdure coltivate localmente.
Il benessere
L’erborista di Sacrofano
Parliamo di erbe officinali, integratori e prodotti bio con Maria Grazia Di Felice, dottoressa in Scienze e Tecnologie Erboristiche, che gestisce l’erboristeria di Sacrofano
di M F
Il certificato di laurea, rilasciato dall’Università di Perugia è affisso in alto, quasi sopra l’ingresso, seminascosto da centinaia di confezioni di prodotti. Chi è stato almeno una volta nel negozio di erboristeria di Sacrofano ha portato via con sé quegli odori tenui dei prodotti naturali, in un’atmosfera pacata e serena, in cui si ergono fino al soffitto scaffali colmi di prodotti naturali, tra cosmesi, integratori alimentari, tè, tisane e camomille. L’erboristeria di Sacrofano ha una storia che nasce nel 1982, che e oggi è gestita dalla seconda generazione, in due punti vendita, uno appunto a Sacrofano, l’altro a Campagnano. Ci fa notare Maria Grazie Di Felice, titolare a Sacrofano, che negli ultimi anni l’interesse per i prodotti naturali è sempre stato in crescita. In effetti, la produzione e la distribuzione di preparati da erboristeria in Italia e in Europa si colloca a cavallo tra il comparto agricolo, con la coltivazione delle piante officinali; quello alimentare; e quello cosmetico/farmaceutico, a seconda della tipologia di prodotto.

Come possiamo scorgere tra gli articoli esposti in negozio, l’offerta è composta da alimenti e integratori alimentari, come tisane, capsule, polveri, estratti vegetali; da cosmetici naturali, vale a dire creme, oli, saponi a base di estratti vegetali; e da prodotti erboristici tradizionali, venduti come integratori, con indicazioni salutistiche molto legate a corretti stili di vita. Più in generale, Maria Grazia fa notare che la crescita costante della domanda di prodotti naturali si è registrata soprattutto dopo la traumatica esperienza dell’epidemia Covid. D’altro canto, i consumatori sono sempre più attenti alla sostenibilità, ricercano prodotti che fanno parte di una filiera corta e di processi di produzione biologici. E si informano attentamente dei risultati della ricerca scientifica su principi attivi vegetali che ne validino l’efficacia. Secondo quanto risulta a Maria Grazia Di Felice, l’Italia ha una posizione di rilievo nel settore erboristico europeo. Innanzitutto, vantiamo una tradizione storica forte, dal momento che l’erboristeria italiana ha radici antiche, che affondano nella cultura monastica, nelle scuole mediche medievali, ma anche in un uso popolare diffuso. C’è poi ancora una rete di erboristerie tradizionali, come questa di cui parliamo, che conta oltre 4.000 punti vendita, che è il numero più alto in Europa. Per quanto riguarda la produzione agricola, l’Italia è tra i principali coltivatori di piante officinali in ambito UE, insieme a Francia, Germania, Bulgaria e Polonia. Si calcola ci siano 25-30.000 ettari coltivati a piante officinali, dato in crescita negli ultimi anni. In particolare, in Italia siamo leader nella coltivazione di lavanda, camomilla, menta, rosmarino, salvia, finocchio, liquirizia calabrese. Sotto il profilo dell’industria di trasformazione, siamo in presenza di un forte fenomeno di piccole e medie imprese specializzate in integratori, tisane e cosmetici naturali. D’altro canto, le grandi aziende italiane di integratori sono tra i leader europei: parliamo di marchi come Aboca, Specchiasol, Esi, Bios Line, tanto per fare nomi noti al pubblico. Bisogna anche dire che L’Italia è uno dei primi mercati europei per consumo di integratori alimentari a base vegetale, perché circa il 65% degli italiani usa regolarmente integratori, molti a base di erbe. A differenza della Germania, dove domina la farmacia, o della Francia dove i prodotti bio sono fortissimi nella grande distribuzione organizzata, in Italia resiste la figura dell’erborista con negozio specializzato, esattamente come quello che Maria Grazie Di Felice gestisce a Sacrofano.
La recensione
In attesa che al Teatro Ilaria Alpi si attivi la sala cinematografica, questo mese vi presentiamo due film che ci sarebbe piaciuto vedere a Sacrofano
Tutto quello che resta dell’ultimo turno
di Riccardo Tavani

Un titolo per due film che colpiscono molto per la loro autenticità e intensità, sebbene di ambientazioni diverse. L’ultimo turno, pellicola di stringente attualità per quello che accade intorno a noi, non sempre percepito. Il secondo, Tutto quello che resta di te, per i lampi di atrocità che dalla Storia del ’900 si proiettano oggi fino a noi. L’ultimo turno. In una singola infermiera professionale l’intera umanità ospedaliera, curata e curante. Infermiere e infermieri ascesə con il Covid in paradiso come angelə, sono poi scaranventatə all’inferno come dannatə. Leonie Benesch, l’attrice protagonista è di una sbalorditiva bravura, non solo recitativa, ma proprio come infermiera professionale altamente qualificata. Coinvolgente, serrato, incalzante ridà luce a una verità di cui tutto il mondo è rimasto fatalmente orbo: la progressiva diminuzione degli infermieri dai reparti ospedalieri.
Da non perdere. Regia: Petra Volpe. Distribuzione: Bim. Durata: 91 minuti. Tutto quello che resta di te. La storia di una famiglia palestinese che rappresenta l’intera vicenda esistenziale stessa di questo popolo martoriato, massacrato sotto il cielo di Gaza e Cisgiordania. Un film che ti fa non ribollire, ma scatenare uno tsunami di sangue nelle vene. La spirale di annientamento del popolo palestinese e di razzia delle sue terre dalla proclamazione dello Stato di Israele nel 1948 a oggi. Storia di una famiglia di Jaffa, coltivatori di arance, come tante altre brutalizzata, schiacciata a lasciare la città con la florida piantagione rubata. Tanto da venire condannati alla condizione di perenni stranieri sulla propria terra. Da non mancare. Regia: Chieren Dabis. Distribuzione: Officine Ubu. Durata: 145 minuti.
Ex Libris
a cura di M.F.
Morti di lavoro
a cura di M.F.

Si pensi ai già citati rider, che durante la pandemia da Covid ci servivano a domicilio, del cui status non si occupa più nessuno. Usano le gambe per pedalare in fretta, l’app per ricevere ordini e soldi, a fine consegna dignitosamente non tendono la mano ma si aspettano una mancia, e non sono nemmeno considerati operai. Vogliamo definirli braccianti metropolitani, vittime di un vero proprio caporalato digitale: studenti universitari che domani saranno medici, ingegneri, informatici ma oggi cercano di arginare il caro affitti; impiegati che fanno un doppio lavoro perché uno stipendio non basta per vivere in una grande città; cassintegrati che devono pur sopravvivere; ragazzi stranieri che non possono scegliere il lavoro. Tutti a cavallo di una bicicletta, di un ciclomotore o di un monopattino, non scelgono ma devono accettare un lavoro on demand, senza alcuna tutela sindacale, diretti e organizzati da un algoritmo, dove la pausa è una perdita di tempo e di denaro, senza scarpe antinfortunistiche, senza una mensa o un bagno dove andare, governati da una piattaforma digitale, dove sei un numero di una multinazionale e non conosci alcun compagno di lavoro. Relazioni sindacali, retribuzione dignitosa, ferie, riposo, aspettativa, assenza per malattia: sotto la formula di “lavoratori etero organizzati” si azzerano i diritti costituzionali previsti dalla Costituzione, quali dignità, salute, formazione, previdenza, assicurazione, libertà sindacale, uguaglianza. E soprattutto sicurezza: morire su una bicicletta per pochi euro. È successo, continuerà a succedere. E qualcuno racconta queste morti come un semplice incidente stradale. Si accendono i riflettori, la politica si sveglia, l’opinione pubblica si commuove. Si indignano. Ma dura lo spazio di qualche giorno. (“Operaicidio”, Bruno Giordano e Marco Patucchi, Merlin Editore, pagg.61-62).
Segnaliamo sull’argomento le pagine Facebook e Instagram “Morti dli lavoro”, a cura di Piero Santonastaso.
Il racconto
La calamita
Parlavamo di libero arbitrio; Oscar Wilde improvvisò questa parabola: C’era una volta una calamita e nei paraggi vivevano delle limature di ferro. Un giorno due limature ebbero l’improvvisa idea di far visita alla calamita e cominciarono a parlare di quanto sarebbe stata piacevole quella visita. Altre limature vicine sorpresero la conversazione e furono pervase dal medesimo desiderio. Se ne aggiunsero altre ancora e alla fine tutte le limature cominciarono a discutere dell’argomento e a poco a poco il vago desiderio si trasformò in impulso. «Perché non andare oggi?» dissero alcune, ma altre ritennero che sarebbe stato meglio aspettare il giorno dopo. Intanto, senza accorgersene, si erano avvicinate alla calamita, che se ne stava indifferente, come se non si accorgesse di nulla. Così, continuarono a discutere avvicinandosi sempre più, e più parlavano più forte era l’impulso, finché le più impazienti dissero che ci sarebbero andate quel giorno stesso, qualunque cosa avessero deciso le altre. Si sentirono alcune dire che era loro dovere andare a far visita alla calamita, e che avrebbero dovuto farlo già da tempo. Parlando parlando, senza rendersene conto, continuavano ad avvicinarsi. Alla fine, prevalsero le impazienti e, in un impulso irresistibile, l’intera comunità gridò: «È inutile aspettare. Ci andremo oggi. Ci andremo adesso. Ci andremo immediatamente». La massa unanime si precipitò e rimase attaccata su tutti i lati della calamita. La calamita sorrise, perché le limature di ferro erano convinte che la loro visita fosse volontaria. (Hesketh Pearson, The Life of Oscar Wilde (1946), cap. XIII)

Il verso giusto
a cura di Monica Maggi
Forse
Sì, hai detto, ma poi
hai corretto: forse.
Questa è l’unica parola
che non ha una casa.
Che vive nell’intervallo
tra il suono e il silenzio.
(da Palinodie, palinsesti, 2006)

Albano Dias Martins
Albano Dias Martins (Fundão, 6 agosto 1930 – Vila Nova de Gaia, 6 giugno 2018), poeta portoghese. Fu uno dei fondatori della rivista Árvore e collaboratore di Colóquio-Letras e Nova Renascença. La sua poesia mostra una maggiore attenzione alla parola, alla ricerca di un’espressione raffinata e non discorsiva, che trova nella brevità e in un certo minimalismo nominale una forma originale.
Nel prossimo numero
Con la riapertura delle scuole, torna “tema in classe” la pubblicazione dei migliori temi delle ragazze e dei ragazzi della Pitocco, scelti dai loro insegnanti.

La buona cucina
Storia del passaggio tra la vecchia e la nuova Scaletta
Il famoso ristorante di Sacrofano ha mantenuto la sua attrattiva, pur cambiando la formula e rinnovando la clientela
di Marco Ferri
Quando Marco, il giovane cameriere che è passato dalla gestione di Angelo Casella, il vecchio proprietario e Leonardo Capaldi, l’attuale titolare, saluta i clienti augurando loro “buon proseguimento”, inconsapevolmente timbra un dato di fatto: più che un augurio dichiara apertamente che il passaggio tra le due gestioni è stato a tutti gli effetti il proseguimento di una storia di successo.
Angelo Casella, classe 1949, giunse a Sacrofano dalla Calabria nel 1966, ed ebbe numerose esperienze come cameriere sia a Roma, che a Sacrofano, che gli sono servite a capire come si gestisce un ristorante. Il ristorante generalmente è un luogo speciale, perché arricchisce direttamente l’accoglienza di una città, di un quartiere, di un paese. Col tempo e con la tenacia di chi lo anima, il ristorante diventa un punto di riferimento per chi vive e lavora nel luogo, ma, nel caso specifico, di chi viene da fuori, e cerca nel cibo la conferma della qualità della vita di un paese fuori dalle ruotine della metropoli.
“Per me tre sono state le linee-guida della mia esperienza alla Scaletta”, dice Angelo” cioè: la qualità, l’empatia, e il prezzo”. Angelo Casella apre la Scaletta nel 1980. “Venivano attori, calciatori, gente della tv, attirati dal fascino della gita fuori porta”, ricorda Angelo. “La Scaletta conquistò la sua reputazione che si diffuse tra gli abitanti delle ville sorgevano lungo le vie che portano in paese”, continua “di sacrofanesi veri e propri pochi, come spesso succede nei luoghi a forte presenza di turismo”.
Il tipo di cucina era la classica offerta dei ristornati di campagna: pasta con ricette tradizionali e carni alla brace. Cui si aggiunsero nel tempo salumi e salsa di funghi, quaglie, fegatelli e il galletto sulla brace.
“Ogni tanto qualcuno ancora me li chiede”, interviene Leonardo Capaldi, che ha rilevato la Scaletta. Leonardo, classe 1985, una solida esperienza come responsabile della gestione di ristoranti di livello alto in quartieri residenziali della Capitale, rileva, rimoderna e avvia la nuova vita della Scaletta. E lo fa con scelte decise, ma gestite con cautela, con rispetto della reputazione che Angelo si era guadagnato in 43 anni di gestione, lui in sala e alla griglia, e Rosaria, l’infaticabile sua moglie, in cucina.
È il 2023, in ottobre, quando Leonardo apre la nuova Scaletta, che prenderà il sottotitolo di “Osteria di Sacrofano”. Leonardo, che presto entrerà direttamente in cucina, decentralizza la griglia, che anzi sparisce dalla sala, a favore della buona e articolata cucina, arricchendo rapidamente il menù di proposte che a Sacrofano non c’erano finora mai state. E la nuova formula ha rapidamente successo, conquista il favore dei clienti, conquista anche i giovani abitanti di Sacrofano, abituati a frequentare a Roma ristoranti di tendenza.
Leonardo dimostra molto presto di saperci fare. Entrano nel menù piatti che spesso richiamano la cucina toscana, che a tutti gli effetti è capace di essere considerate italiana, più che regionale: pensate alla ribollita, alla trippa con le verdure, alla pappa col pomodoro. L’offerta degli antipasti diventa molto articolata, così come i primi di pasta all’uovo, proposti con funghi, ma anche con il tartufo, che fa la sua comparsa a Sacrofano quasi come una primizia. Entrano anche le carni non più semplicemente alla griglia, ma proposte come tagliata, roastbeef, o carpaccio.
Anche il servizio si rinnova: Alessandra, la moglie di Leonardo, sembra battere il ritmo della vogata come un tamburino di un’antica imbarcazione a remi. E la nave va, solca con sicurezza il mare magnum delle preferenze della clientela.
Fatto sta che in poco tempo, La Scaletta prende il largo, la cucina gestita da Leonardo conquista un posto ben preciso non solo nelle preferenze dei clienti, ma complessivamente nell’offerta enogastronomica di Sacrofano, così come, anni prima, era successo a La Scaletta di Angelo.
La profezia del “buon proseguimento” proferita spesso da Marco, il cameriere della Scaletta del prima e del dopo, sembra essere stato di buon augurio nel passaggio delle consegne tra Angelo Casella e Leonardo Capaldi.

(da sinistra, Angelo Casella e Leonardo Capaldi).
L’eccellenza
Quando il talento è la vera materia prima
La storia umana e professionale di Andrea Cillo è emblematica dell’importanza dell’artigianato nella vita sociale di una comunità
di Marco Ferri
“Scegli un lavoro che ami e non dovrai lavorare neppure un giorno della tua vita.” È una famosa quanto improbabile massima filosofica attribuita proditoriamente a Confucio. Ma forse ben si attaglierebbe ad Andrea Cillo, al secolo Alchimista Lactis.
Perché proprio come Zenone, – l’alchimista del celeberrimo romanzo “L’opera al nero” di Marguerite Yourcenar -, egli vede nel suo lavoro non solo la trasformazione della materia prima, il latte, ma anche la curiosità interiore tipica di chi osa sperimentare un nuovo modo di fare e pensare, osa scoprire nuove intuizioni e creare nuovi sapori. Zenone nella finzione letteraria, Andrea Cillo nella pratica artigianale sanno che il vero “oro” – quello che gli alchimisti chiamavano “la pietra filosofale” – non è un metallo, ma la conoscenza. Andrea ha fatto della conoscenza la sua strada maestra, la sua personale “Via Lattea” – potremmo dire, lasciandoci andare al trucchetto bonario del doppio senso – che gli ha indicato la rotta nel mare aperto della vita. La passione per il suo lavoro nasce con la passione amorosa per una ragazza che lo conduce da Sacrofano fin sui monti della Svizzera. È lì, che in un alpeggio, impara dai pastori come si lavora artigianalmente il latte per produrre il burro, e i formaggi tipici della transumanza estiva.

(Foto di Romeo Marcori)
La passione per questo approccio al mondo caseario è talmente genuino che va oltre la stessa storia d’amore con la fanciulla svizzera. La voglia di imparare allora lo porta in Austria, dove si cimenta con la lavorazione di altri tipi di formaggi. E poi in Germania. È allora che le esperienze fatte gli fanno nascere il desiderio della conoscenza e quindi, passando dalla pratica alla teoria, frequenterà una scuola, e prenderà un titolo di studio, col quale venire assunto in un’azienda casearia. E di nuovo un salto, di qualità, di nuovo una scelta di vita, una scelta umana e professionale. Come avrebbe detto l’alchimista Zenone “Mi sono guardato bene dal fare della verità un idolo; ho preferito lasciarle il nome più umile di esattezza”: infatti, proprio per l’esattezza, prende la decisione che sarà determinante per il suo futuro professionale, cioè uscire dall’industria e scegliere l’artigianato, la sua personale “Via Lattea”. Ed eccolo finalmente a Sacrofano, la terra da dove partì la sua avventura, sulla via Sacrofanese a fare formaggi e a proporli ai suoi clienti, numerosi, ma soprattutto curiosi e affezionati all’idea che il formaggio sia tornato a essere una prelibatezza creata dalla sapienza di un talento caseario. Attualmente, ogni anno sono parecchie centinaia i litri di latte di mucca, di pecora e di capra che passano per le sue mani. “Sarebbe bello lavorare la materia prima prodotta a Sacrofano, ma attualmente non è possibile, non se ne produce a sufficienza. Tuttavia – dice -, la materia prima viene comunque da questo territorio”. L’Alchimista Lactis sembra non aver perso la voglia di lavorare sodo, di provare, sperimentare, creare nuovi formaggi, nuovi sapori. Ha solo un’espressione triste, quando dice “Mi piacerebbe trasmettere quello che ho imparato a fare a un giovane desideroso di sapere come si fa il buon formaggio, ma – conclude -da queste parti anche questa materia prima sembrerebbe scarseggiare”. Pare sia il destino degli artigiani italiani, soprattutto di quelli più bravi, sia faticare a trovare ragazze o ragazzi che abbiano la voglia, la determinazione e l’obiettivo nella di imparare un mestiere, invece che il semplice desiderio di trovare un impiego.
La cultura
La biblioteca che si è avvicinata a Sacrofano
La biblioteca Galline Bianche si è trasferita temporaneamente da Labaro a via Sulbiate, traversa di via di Valle Muricana
Tutto merito del Pnrr. Mentre stanno ristrutturando la sede ufficiale della biblioteca di Labaro, ecco che, oltre la biblioteca comunale di Sacrofano, c’è un’altra opportunità per chi deve studiare, fare ricerche, o più semplicemente – ma non meno importante – per chi vuole coltivare i propri interessi: la biblioteca comunale Galline Bianche è più raggiungibile. Percorrendo via di Valle Muricana verso Prima Porta, dopo Carrefour, nella traversa a destra, quella in cui si trova EuroSpin, in fondo alla strada, in una deliziosa villetta circondata da un prato all’inglese, ecco la nuova sede provvisoria della biblioteca. La biblioteca ha una grande varietà di libri per bambini. Facendo parte del sistema bibliotecario del Comune di Roma, attraverso questa sede è possibile richiedere, attivando il Sistema interbibliotecario metropolitano, volumi anche se non sono in sede, ma disponibili in altre biblioteche comunali. Inoltre, è possibile avere in prestito libri da biblioteche delle università, come per esempio La Sapienza e Tor Vergata. I prestiti si possono richiedere sia andando in biblioteca, sia attraverso l’App Biblioteche di Roma. Il volume richiesto verrà consegnato nella sede di via Sulbiate dove, dopo la lettura, potrà essere riconsegnato. In attesa che anche la biblioteca di Sacrofano si colleghi al sistema interbibliotecario del Comune di Roma, consigliamo di andare a vedere come funzionano i servizi messi a disposizione dei cittadini dalla Biblioteca Galline Bianche: per saperne di più, si può chiamare 0645460450, o scrivere a gallinebianche@bibliotechediroma.it
Restaura/azione
Le pietre parlano
Che cosa ci dicono le mura del centro storico di Sacrofano
di Alessia Felici
Quando i documenti d’archivio sono difficili da trovare, o perché sono andati perduti o perché vanno cercati altrove, o addirittura non esistono, sono “le cose che restano” a raccontare di sé, ma bisogna saperle “ascoltare”, vanno osservate bene. Ci stanno davanti agli occhi per secoli ma non hanno voce, eppure sono come un libro aperto. Rientrano in questa condizione le mura dei centri storici, come quelle di Sacrofano. Le avete viste bene? Hanno decine e decine di portali e finestre “tamponate”, chiuse, interrotte, con tratti murari sovrammessi per un abitato che andava a cercare spazio in altezza. Guardate il taglio delle loro pietre, il materiale da costruzione, la quantità di malta impiegata nei giunti, la loro grandezza e potrete ripercorrere una parte di storia.

I “tufelli” di Sacrofano è ciò che resta dei paramenti murari di X-XI secolo e poi ancora fino al XIV secolo. È quella che viene definita anche “opera saracinesca”. È sempre e chiaramente riconoscibile: taglio piccolo del tufo, alti circa 6 cm, ben squadrati e impilati su un letto di malta molto spesso di 2-3 cm, triangolari in pianta e cuneiformi in sezione, per meglio “ammorzarli” nella malta. Il tufo è una pietra povera. La si ricava dalle cave locali, va solo tagliata. Un modo economico, pratico e veloce di costruire a seguito delle distruzioni, come furono le incursioni saracene, o dopo i terremoti, ecco il motivo del taglio piccolo, facile da ottenere e da sistemare nell’apparato murario, ma necessita di tanta malta. Se andate a via di Vecchio Castello avrete un meraviglioso esempio di ciò che resta del Castrum di Scrofano, una torre speronata a tufelli piccoli e regolari, mozzata sulla sommità e umiliata da una selva di parabole, antenne e condizionatori…la stessa torre che potrete vedere nel dipinto di Sant’Emidio, nella Chiesa di San Giovanni Battista, in quell’immagine del centro storico immortalata dal pittore sulla mano del Santo.
Fuori classe
La campionessa di Singapore
È stata una bella notizia per Sacrofano: Daniela Petracchi ha vinto un oro e due argenti agli World Aquatics Championships 2025, i Mondiali Master di nuoto svoltisi dall’11 luglio al 3 agosto

(foto di Romeo Marcori)
A 63 anni, l’oro nei 200 rana, e due argenti nei 100 e nei 50 rana nella categoria M60: un risultato eccellente quello di Daniela Petracchi ai Mondiali Master di Singapore. Già nel 2023, ai Mondiali di Fukuoka, in Giappone, aveva vinto due ori nei 200 rana e nei duecento misti e due argenti, nei 100 e nei 50 rana. Un palmarès da affermata campionessa. Daniela praticò il nuoto agonistico fino al 1978, poi lo studio del violoncello l’assorbì completamente. Diventata una valente violoncellista di musica da camera, approdando alla cattedra al Conservatorio di Musica di Terni, nel 2011 ha ripreso a nuotare. All’inizio la motivazione era di tipo fisico, per curare un fastidioso mal di schiena; cosicché Daniela cominciò a frequentare il nuoto libero presso la piscina comunale di Monte Sarapollo. Una sorta di “richiamo della foresta” la spinse a tornare in contatto con i compagni di nuoto di quando era ragazza. Tra questi, via social, ritrovò l’allenatore che le propose di seguirla a distanza. Lui le inviava via chat le istruzioni per gli allenamenti, lei gli chattava i risultati, cronometrati con un orologio digitale, uno dei primi esemplari da polso. La forza di volontà, la disciplina negli allenamenti, il talento e l’acquaticità innata fecero il resto e lo fecero bene: nel 2012 partecipò al 1° Campionato italiano di nuoto Master. La categoria Master designa quegli sport praticati da atleti che hanno compiuto 25 anni, e comprende tutti quegli sportivi che si dedicano all’agonismo, senza limiti anagrafici, a livello puramente dilettantistico. Le categorie di partecipazione hanno una scansione quinquennale. Attualmente, dunque, Daniela è un’atleta M60 e gareggia con la Roma Nuoto Master, la seconda squadra più importante in Italia, dove le compagini sportive sono più di 600. Il fenomeno degli sportivi che partecipano alle competizioni Master sta assumendo negli anni sempre più rilievo, anche dal punto di vista dei record conseguiti. Prova ne è che ai Mondiali Master di Singapore, denominati World Aquatics Championhips, la rappresentativa italiana ha vinto 31 ori, 32 argenti e 27 bronzi, per un totale di 90 medaglie. Un gran bel risultato. A Sacrofano vive un’altra atleta dei Master di nuoto: Valentina Negri, anche lei campionessa italiana. C’è da auspicare che, anche sulla scia degli esempi di Daniela Petracchi e Valentina Negri, il nuoto riprenda ad attirare appassionati, a partire dalla prossima riapertura della piscina comunale, prevista a giugno 2026. E che la piscina diventi un punto di riferimento per le specialità del nuoto, anche oltre i confini del Comune di Sacrofano. Il nuoto è uno sport individuale, che ha però una forte carica attrattiva intergenerazionale. “È bello frequentare una piscina in cui si hanno relazioni amicali con donne e uomini di ogni età”, dice Daniela “perché la competizione individuale non avviene a scapito del rispetto delle personalità altrui, degli sforzi fisici per essere in forma e dare il massimo alla propria squadra”. E continua: “Coltivare il gesto atletico come voglia di star bene, col proprio fisico, con sé stessi e di conseguenza con gli altri, con i quali condividere quella gratificante sensazione del benessere psico fisico, è la vera motivazione che spinge dedicare tempo ed energie all’attività sportiva”. È un bel modo di vedere lo sport. Tanto che bisognerebbe fare di tutto perché diventi concretamente condivisibile da molti, sia dalle ragazze e dai ragazzi che da coloro che sono diventati più grandi di età, che abbiano in comune la voglia di far bene per star bene, con il corpo e con la mente, per una soddisfacente qualità della vita che si svolge a Sacrofano.
La funzione del teatro
Perché è importante che Sacrofano attivi il Teatro Ilaria Alpi
di R F
Secondo l’ultimo rilevamento dell’OCSE – Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico, alla quale aderiscono 36 paesi tra cui l’Italia – il livello di analfabetismo funzionale, calcolato su scala fra 1 e 5, si registra che nel nostro paese il 37% della popolazione, compresa tra i 25 e i 64 anni, ha competenza di comprensione e scrittura di testi elementari, se non addirittura inferiori. Un adulto su quattro, dunque, comprende solo testi molto brevi e alcune informazioni. Siamo per questo nel livello 1. Sarebbe utile, per non dire vitale, anche a causa dei noti contrasti che minano gli equilibri globali che richiederebbero capacità di comprensione, di reazione e iniziativa per influire sulle decisioni locali, nazionali e continentali, che le politiche culturali pubbliche si facciano carico di un’inversione della pericolosa tendenza all’analfabetismo. L’analfabetismo di ritorno rende passivi. Meno parole abbiamo più ignoranti siamo e meno partecipiamo alla democrazia. Quando apprendiamo o conosciamo una parola, il cervello attiva una rete di connessioni rapidissime grazie a cui pensiamo a termini affini per significato, opposizione o contesto. È il meccanismo che ci permette di ragionare, comprendere metafore e generare nuove idee sia nel linguaggio quotidiano che nella creatività. Non avere parole a sufficienza significa non produrre connessioni di idee. Questo analfabetismo culturale e sentimentale influisce negativamente sulla partecipazione dei cittadini al discorso pubblico, alla piazza intesa come luogo della polis, alla vita democratica, alla partecipazione politica delle comunità territoriali. Abbiamo già scritto della necessità di costruire una rete attiva tra scuola, biblioteca e teatro. Il teatro, ad esempio, può contribuire alla crescita culturale dei cittadini perché è il luogo privilegiato della parola che permette di esprimere liberamente propri pensieri sul mondo e sulla società. Sono donne e uomini vivi davanti ad altre donne e uomini vivi che si connettono tramite l’ascolto, la ricezione delle parole, l’emozione, il pensiero, il dialogo, la libertà espressiva e la terapia del pensiero. Il teatro crea comunità perché unisce tutti noi nel guardare insieme davanti a noi. Guardare e ascoltare qualcuno che è vivo, qualcuno che è vita, qualcuno che, mettendo la vita in scena, ci rappresenta.
La sostenibilità
Perché non si parla più di sostenibilità ambientale?
In un territorio come quello che interessa il comune di Sacrofano, l’assenza dell’attenzione pubblica e di iniziativa politica slla sostenibilità ambientale è un grosso ostacolo alla crescita e allo sviluppo
di Marco Ferri
È un problema squisitamente politico. Riguarda il dibattito pubblico, i mass-media, ma soprattutto i partiti, quelli che sostengono il governo ma anche quelli che sono all’opposizione. E di conseguenza gli Enti locali. Verrebbe voglia di fare un gioco di parole: la sostenibilità è attualmente insostenibile. Ci sono delle ragioni che riguardano il rapporto tra il sentire comune e la politica, che dovrebbe promuovere, invece, la comprensione dell’urgenza delle soluzioni alla crisi climatica. Sembra che la politica abbia il fiato corto politica quando si tratta di scelte di lungo respiro. E l’opinione pubblica appare poco disposta a stare appresso alle alchimie partitiche. Lo stato dei rapporti tra cittadini e politici ce lo spiega una recente indagine dell’Istat, dal titolo “Partecipazione politica in Italia” negli ultimi vent’anni, dal 2003 al 2024. Più di un quarto della popolazione di 14 anni e più (29,4%) non si informa mai di politica. Si tratta, in valori assoluti, di 8 milioni 900mila donne e 6 milioni 300mila uomini: pari rispettivamente al 33,4 e al 25,1%. Ancora più cospicua la componente di popolazione che non parla mai di politica (36,9%): più di 11 milioni e mezzo di donne (43,6%) e oltre 7 milioni e mezzo di uomini (29,9%). Nel 2024, a informarsi di politica almeno una volta a settimana è meno della metà della popolazione di 14 anni e più, per la precisione il 48,2%, 8,9 punti percentuali in meno rispetto al 2003. L’indagine ci dice che non si informa mai di politica l’11,3% dei laureati, una percentuale più che doppia di diplomati (24,4%) e quasi quadrupla di quanti hanno al più la licenza media (41,2%). Poiché la sostenibilità influenza la qualità dei territori, il dato che riguarda appunto la partecipazione alla politica nelle aree geografiche del paese appare, se possibile, ancora più allarmante. Infatti, la partecipazione politica è molto differenziata sul territorio. Le aree del Centro-nord raggiungono livelli di partecipazione più alti che il resto del Paese: si informa di politica almeno una volta a settimana la maggioranza della popolazione del Centro-nord (con valori compresi tra il 52 e il 54%), contro il 40% circa di Sud e Isole. Nelle regioni del Mezzogiorno il 37,3% non si informa mai a fronte del 25,0% circa delle regioni del Nord. È in un quadro come quello appena tratteggiato che le problematiche politiche, sociali e soprattutto economiche della sostenibilità tendono a venir depotenziate, per risultare alla fine mimetizzate. Cosicché le tendenze al revisionismo, che negano gli impatti negativi dell’attuale modo di produrre a scapito dell’equilibrio naturale del pianeta, assumono un’influenza presso l’attuale governo e di molti enti locali. Il disinteresse che abbiamo visto venir espresso da gran parte dell’opinione pubblica italiana per le scelte politiche dell’esecutivo colloca in secondo piano gli stessi fondamenti della sostenibilità ambientale, cioè: le risorse naturali che vengono sfruttate oltre la loro capacità di rigenerazione; l’inquinamento e le emissioni che alterano gli equilibri climatici e gli ecosistemi; gli stili di vita e i modelli economici che non sono compatibili con i limiti del pianeta. Tuttavia, se il disinteresse per la politica in genere è cresciuto a dismisura negli ultimi dieci anni, come appunto rileva l’inchiesta Istat, ecco che chi dovrebbe guidare scelte collettive lungimiranti come lo sviluppo delle energie rinnovabili, la tutela della biodiversità, la riduzione delle disuguaglianze ecologiche tra territori resta prigioniero di interessi di parte a breve termine, che magari sono quelli che garantiscono al minuto il consenso elettorale. Sappiamo bene che le decisioni ambientali richiedono coordinamento internazionale. Tuttavia, se in generale gli Stati faticano a cedere sovranità, attualmente i rapporti internazionali sono distolti da quelle forzature belliciste che hanno sbattuto in cantina, tra le robe vecchie, non solo la pace e i diritti umani, ma lo stesso l’ambientalismo e quindi l’idea stessa di sostenibilità ambientale. La crisi ambientale ha messo in luce i limiti sia della politica, nella sua incapacità di governare problemi globali, sia della democrazia stessa, in difficoltà a rappresentare interessi diffusi e futuri delle comunità e dei singoli. In un territorio come quello che interessa il comune di Sacrofano, in cui la maggioranza dei terreni sono ad usi civici, gestiti dall’Università Agraria, dall’Università dei Possidenti di bestiame e in parte dal Comune stesso, – tanto più che il territorio è integrato nelle competenze del Parco di Veio con i suoi 15 mila ettari con un patrimonio di biodiversità da tutelare -, l’assenza dell’attenzione pubblica e di iniziativa politica sulle prospettive della sostenibilità ambientale rappresenta un grosso ostacolo alla crescita e allo sviluppo.
La ricetta del mese
I filetti di zucchine
di A.I.

Nella tradizione giudaico-romana della cucina popolare i filetti di zucchine non sono allo stesso livello degli altri ingredienti irrinunciabili e caratterizzanti, come, per esempio, i carciofi. Tuttavia, poiché è stagione di zucchine romanesche, ecco il suggerimento per farne un contorno sfizioso, anche per accompagnare un antipasto.
Prendete zucchine possibilmente lunghe, mozzatele in testa e in coda e fatene delle fette per lungo dello spessore di due o tre millimetri.
Poi, tagliate le fette a strisce, anch’esse dello spessore di due o tre millimetri.
Mettete questi filetti in una scodella, salate, mescolate e lasciate riposare per un’ora, circa, in modo che le zucchine perdano la loro acqua.
Poi, prendete pochi filetti per volta, schiacciateli tra le mani, senza spezzarli, e immergeteli nella farina.
Adesso adagiateli in un setaccio, e agitateli in modo da eliminare la farina in eccesso.
È il momento di adagiare i filetti in una padella con olio bollente.
Lasciateli imbiondire e diventare croccanti.
Saranno così invitanti che i vostri ospiti li mangeranno con le mani.
Il corsivo
Perché fare della musica un rumore di fondo?
“Il silenzio sta diventando sempre più raro e prezioso, come aveva ben profetizzato Federico Fellini nel 1990, con l’ultima frase del suo ultimo film La voce della luna, affidata alla voce di Roberto Benigni: «Eppure io credo che se ci fosse un po’ più di silenzio, se tutti facessimo un po’ di silenzio, forse qualcosa potremmo capire»”. Lo ha scritto Nicola Piovani, musicista, famoso autore di colonne sonore, premiate con un Oscar, quattro David di Donatello, e poi Nastri d’Argento e Ciak d’Oro. Parla della musica di sottofondo nei bar e nei ristoranti. È vero: troppo spesso i decibel diventano centibel, millibel. Ridare alla musica il tempo e lo spazio adatto è una battaglia persa, scrive Piovani. Lo stesso forse vale per queste righe.
Hair Beauty
Il “reset”, la cura completa per i tuoi capelli dopo l’estate
Il primo passo fondamentale è una detersione delicata ma efficace
di Emanuele Bruschi
L’estate, con il suo sole splendente, le giornate al mare e le immersioni in piscina, è un vero toccasana per lo spirito. Tuttavia, per i tuoi capelli, può trasformarsi in un vero e proprio campo di battaglia. Sole, sale, cloro e vento sono fattori aggressivi che possono rendere la chioma secca, spenta, crespa e persino più fragile, aumentando il rischio di caduta. È proprio per questo che, terminata la stagione calda, i tuoi capelli hanno bisogno di un “reset” profondo e mirato. La soluzione ideale per i tuoi capelli è la CURA completa di cui hanno bisogno per recuperare la loro vitalità e rafforzarsi contro la caduta. Non si tratta solo di trattamenti superficiali, ma di un approccio che mira a ripristinare la salute capillare dalla radice alle punte. Il primo passo fondamentale è una detersione delicata ma efficace. Dopo l’estate, i capelli sono spesso appesantiti da residui di prodotti solari, sale e cloro. Utilizzare uno shampoo specifico, formulato con ingredienti idratanti e purificanti, è cruciale per eliminare queste impurità senza aggredire ulteriormente la fibra capillare. Successivamente, è indispensabile un’idratazione profonda. Maschere nutrienti e intensive, da applicare regolarmente, sono i tuoi migliori alleati. Lascia agire questi trattamenti per il tempo consigliato, permettendo ai principi attivi di penetrare a fondo nella fibra capillare e di “sigillare” l’idratazione. Per contrastare la CADUTA, che in questo periodo è abbastanza evidente e rinforzare i capelli dall’interno, il programma prevede l’integrazione di trattamenti specifici per il cuoio capelluto. Lozioni fortificanti stimolano la microcircolazione e nutrono il bulbo pilifero, creando un ambiente ottimale per la crescita di capelli più forti e resistenti. L’applicazione con un leggero massaggio può aumentare l’efficacia di questi prodotti, favorendo l’assorbimento. Infine, non sottovalutare l’importanza di un taglio delle punte. Eliminare le sezioni più danneggiate e sfibrate non solo migliora l’aspetto estetico dei capelli, ma previene anche la rottura e permette ai trattamenti successivi di agire su una base più sana. Adottando un programma seguendo una CURA indicata, i tuoi capelli ritroveranno la loro salute lucentezza e forza, preparandosi ad affrontare al meglio la prossima stagione.
Punto di riferimento
Valentino Tazza, ovvero The fighting machine che sforna campioni
Una palestra con 200 iscritti, che allena 80 pugili, la Valentino Team è diventata un’associazione sportiva dilettantistica presso la quale vengono ad allenarsi a Sacrofano atleti da tutta Italia
di M F
Valentino Tazza, classe 1965, ha cominciato con il karate, poi il pugilato, in seguito il kickboxing, sport per il quale è stato due volte campione d’Italia, alla fine degli anni Ottanta. “Ho partecipato a 26 incontri – dice senza nascondere l’orgoglio – non ne ho mai perso né pareggiato uno”. Poi è passato al football americano, che ha praticato per tre anni, scalando le classifiche, fino ad arrivare alla serie A. Poi il ritorno di fiamma di una passione giovanile: il pugilato. Ma non più come atleta, ma come coach. “Fare l’angolo del ring era quello che mi era mancato nella mia esperienza. L’angolo – dice – è la fucina che forgia le vittorie. Ho scoperto che era quello che volevo diventare – conclude – l’artigiano dei titoli, l’inventore dei campioni, il sacerdote dello spirito sportivo, il maestro della nobile arte, come è stato definito il pugilato”. Sono ormai gli anni 90 e comincia la gavetta da maestro, prima a Grotta Rossa, quartiere a nord di Roma, poi a Le Rughe, ancora più a Roma nord. È il 2009 quando si trasferisce a Campagnano e gestisce uno spazio comunale quasi diroccato. “Era una struttura detta ‘Il pallone’, un tempo una pista da pattinaggio, ormai semidiroccata, non c’erano neanche i bagni – ricorda -. D’inverno, senza riscaldamento, durante gli allenamenti le tute dei ragazzi fumavano i vapori del loro sudore”. Eppure, la “Campagnano Box” così si chiamava la palestra, era riuscita a iscrivere un centinaio di atleti. Sarebbe stato necessario premiare il loro entusiasmo investendo su una ristrutturazione in grado di fornire un minimo di confort, dai riscaldamenti agli spogliatoi. Il comune di Campagnano, invece, fece altre scelte, tanto che quando la palestra chiuse, “Il pallone” fu abbattuto. Nel frattempo, si fecero vivi dal Comune di Sacrofano. Era il 2014, e in uno spazio comunale che un tempo ospitava la palestra di una scuola, fu inaugurata la palestra che si sarebbe chiamato ASD Pugilistica Italiana, per poi cambiare nome e assumere quello di oggi, cioè ASD Valentino Team. In questi 11 anni, Valentino Tazza ha forgiato campioni che hanno arricchito il palmares della palestra di 11 titoli italiani dilettantistici; 2 titoli italiani professionisti; un primo classificato al Trofeo delle Cinture WBC, un importante titolo internazionale vinto da Luca Papoli. I due titoli italiani professionisti sono stati vinti da Simone Bicchi (“Simone viene ad allenarsi qui da Siena, perché è qui che è riuscito a diventare campione italiano”, dice Valentino con più che comprensibile orgoglio) e da Alessia “Mocio” Vitanza, che ha difeso il titolo, vincendo ai punti nell’incontro valido per il titolo dei pesi piuma a Biella, quest’estate. È degno di nota che la ADS Valentino Team sia frequentata da ragazze che si dedicano con successo al pugilato, come dimostra un dato significativo: il 65 per cento degli iscritti al pugilato sono ragazze, mentre 6 degli undici titoli italiani dilettantistici conquistati dalla squadra di Valentino sono proprio ragazze. Che la palestra di via Staffoli a Sacrofano sia una importante e molto promettente risorsa sportiva per Sacrofano lo ha dimostrato la visita ufficiale che la sindaca Patrizia Nicolini ha voluto dedicare alla palestra, per rendere omaggio ad Alessia Vitanza, una concittadina campionessa italiana e al suo maestro.

(Valentino Tazza, Alessia “Mocio” Vitanza, Patrizia Nicolini).
Cerbottana
Il mondo digitale è diventato bestiale, è sempre più affollato di gente che invece che mettere a cuccia il proprio io, se lo porta in giro senza museruola
Le persone
Ioan, il cameriere

Ioan Minecuta è il cameriere, colonna portante e custode del mito di Il Grottino, lo storico ristorante di Sacrofano. Sorridente, pacato, ed efficiente, Giovanni, come tutti lo chiamano, è a Sacrofano dal 1994 e fa la spola tra la brace e i clienti ai tavoli da 30 anni. E tutto dice che continuerà ancora a servire con cura e gentilezza ai tavoli, anche se il ristorante dovesse cambiare menù.
Le persone
Serenella, la tabaccaia

Serenella Ruggeri gestisce la tabaccheria di Borgo Pineto, aperta dai suoi genitori nel 1956. È pacata, gentile, discreta, Serenella sembra un aggettivo più che un nome di battesimo. Lei è la testimone dei grandi cambiamenti del Borgo. Per esempio, ricorda che quando era piccola, via di Valle Muricana non c’era e per andare a scuola doveva farla a piedi fino all’autobus sulla Sacrofanese.
Le persone
Stefano, il calciatore

Stefano Terradura dirigente della Polisportiva Sacrofano, il calcio ce l’ha nel sangue, ma non come tutti, lui ha proprio il pallone, col quale ha cominciato a giocare fin da quando aveva dieci anni. Poi i ginocchi lo hanno fermato. Per via della fisioterapia, è diventato un nuotatore. Ma il calcio lo ha richiamato in campo come dirigente, prima con la Sporting Sacrofano, poi finalmente con la Polisportiva Sacrofano.
La risorsa
L’Università agraria gestisce grandi potenzialità che faticano a trasformarsi in vere opportunità
A colloquio con il presidente Roberto Domizi, presidente e il segretrio Giuseppe Antonacci, per capire le prospettive degli usi civici di Sacrofano
di Simone Bianchini e Marco Ferri
Il casale, sede dell’Università Agraria di Sacrofano in via Monte del Casale 19, è stato appena ristrutturato, grazie ai fondi del PNNR, si vedono ancora le impalcature, smontate ma non ancora rimosse del cantiere.
“Abbiamo avuto accesso ai fondi, ma la cifra è stata anticipata dalla banca, che avrà le somme, comprese gli interessi”, dice Domizi, con la tipica lucida rassegnazione di chi sa che gestire un’organizzazione, che certo non naviga nell’oro, non è la cosa più facile del mondo. Eppure, i 112 iscritti all’associazione sembrano ostinarsi a portare avanti gli sforzi per la migliore gestione possibile del patrimonio naturale che i terreni affidati all’Università rappresentano. Oggi le Università agrarie non sono più enti di diritto pubblico, lo sono state fino al 2017, quando cambiò la normativa. Le università furono istituite nel 1894, con regio decreto. I piemontesi, dopo la presa di Porta Pia nel 1870, che perfezionò l’unità d’Italia, fecero di Roma la capitale nel 1871, trasferendovi il governo e i ministeri, mentre Vittorio Emanuele II si insediò al Quirinale. Come è noto, Roma era stata la capitale dello Stato Pontificio, che comprendeva il Lazio, l’Umbria, le Marche e la Romagna, la parte orientale dell’attuale regione Emilia-Romagna, appunto. Proprio nell’Italia centrale con il regio decreto, furono espropriati i latifondi alla cosiddetta nobiltà nera, e conferiti ai Comuni. Per quanto riguarda Sacrofano, i terreni in possesso degli Orsini, dei Chigi e degli Odescalchi vennero a tutti gli effetti conferiti agli usi civici nel 1910, con l’istituzione delle Università Agrarie. Non è un caso che le università agrarie siano state istituite proprio nel Centro Italia, e proprio con i latifondi. Nelle altre regioni questo fenomeno non si è storicamente verificato. Per quello che riguarda specificamente l’agraria di Sacrofano, parliamo di 350 ettari di terreni agricoli, di cui 180 di bosco, più 150 ettari situati nel territorio del XV Municipio di Roma.
Complessivamente, il territorio del Comune di Sacrofano è composto da 800 ettari, le cui competenze sono divise tra l’Università Agraria, l’Università dei Possidenti di Bestiame (vedi il n. 5 del 2025 di La Nuova Sacrofano, pag. 2) e il Comune di Sacrofano, al quale, tra l’altro, è rimasta la competenza dei terreni di Monte Musino, che poi è stato aperto al pubblico, trasformato in un percorso attrezzato per il trekking e biking, collegato agli impianti sportivi di Monte Sarapollo. Il dato positivo è che questa importante quantità di verde affidata alle Università fa di Sacrofano un luogo in cui vivere è decisamente salutare per chi ci abita, ci vive e lavora, un polmone che attira residenti in cerca di pace, lontano dall’inquinamento acustico e dell’aria, tipico di una grande metropoli, come Roma, la più grande e popolosa d’Italia. Da non sottovalutare, che le università agrarie sono state un freno molto deciso alla lottizzazione selvaggia, la madre di tutte le speculazioni edilizie. Anche perché i terreni di competenza sono inalienabili, non possono essere ceduti a nessun titolo, possono entrare nella successione, ma senza perdere la fondamentale caratteristica dell’inalienabilità. Va, oltretutto, tenuto presente che tutti i terreni sono sotto la tutela del Parco di Veio, la cui sede, tra l’altro, è proprio a Sacrofano.
Il bilancio annuo dell’Università Agraria di Sacrofano si aggira interno a 100 mila euro. Ma, sostengono sia Domizi che Antonacci, le cose da fare sono davvero tante e riuscire ad accedere a finanziamenti pubblici è sempre più di vitale importanza. I naturali interlocutori sono la Regione Lazio, la Città Metropolitana di Roma e, ovviamente, il Comune di Sacrofano.
Ma ci sono delle ambizioni più pressanti della semplice, ancorché sacrosanta, buona gestione del patrimonio naturale. Esse riguardano la possibilità di mettere a valore i terreni, promuovendo esperienze imprenditoriali legate alla coltivazione di prodotti di alta qualità, per esempio il reimpianto della vite da uva per produrre vino autoctono, o la gestione degli uliveti abbandonati per produrre olio extravergine di oliva Dop. Recentemente, raccontano Domizi e Antonacci, hanno sperimentato la coltivazione di malto per produrre birra artigianale. “Non è andata benissimo”, dicono con quel tipico esempio linguistico di costruzione perfettiva negativa con attenuazione pragmatica, che lascia intendere che ci riproveranno.
Cosa che è merita i migliori auguri di buon successo alla prossima produzione della Birra del Casale.
Da parte nostra, infatti, siamo convinti e lo abbiamo spesso sostenuto sulle pagine di questo giornale della necessità che Sacrofano si leghi a un prodotti enogastronomici tipici, autoctoni, che porterebbe non solo buona qualità sulle tavole, ma accrescerebbe la buona reputazione del territorio, con tutti i vantaggi che facilmente potrebbero venire in mente. Il che è un altro modo per dire che ci ripromettiamo di incontrare ancora Domizi e Antonacci e approfondire l’aspetto del rapporto tra potenzialità e opportunità, magari legati all’impegno delle giovani generazioni, che potrebbero fare dell’immenso patrimonio naturale gestito dall’Università agraria un’esperienza imprenditoriale molto ricca e significativa. È il momento della semina di un nuovo futuro.


