Nel cuore del cuore di Sacrofano

19/05/2025 | I luoghi

Il Ghetto ebraico nel Borgo Antico, dove la comunità ebraica di Sacrofano visse fino all’Unità d’Italia nel 1861. Ne parliamo con Alessia Felici, restauratrice

di Marco Ferri

«Conserva ancora il suo fascino storico, con vicoli stretti, archi e passaggi coperti che testimoniano la presenza ebraica nel borgo», esordisce Alessia Felici, che abbiamo incontrato ogni volta che ci siamo occupati di testimonianze storiche e artistiche della storia di Sacrofano.
Quando nacque? «Il Ghetto ebraico di Sacrofano ha origini che risalgono alla metà del XVI secolo, quando una comunità ebraica proveniente da Fiumefreddo Bruzio, in Calabria, si stabilì nel borgo medievale. Questa comunità trovò dimora nella parte più alta del centro storico, un tempo zona militare, che venne trasformata in un nucleo residenziale chiuso e destinato esclusivamente agli ebrei».
Come ci si accedeva? «L’accesso al ghetto avveniva attraverso il “Portone di Sopra”, situato nei pressi dell’attuale Piazza XX Settembre, nota anche come “Piazza de Pozza”. All’interno, si trovava una piccola corte chiusa, circondata da case basse con scale in pietra, accessibili da uno stretto passaggio ancora oggi identificato dalla scritta “Vecchio Ghetto».
Dalla Calabria, sotto il regno della Spagna a Sacrofano, nello Stato Pontificio, la strada è lunga. «Anche la storia della cacciata della comunità ebraica calabrese, se vogliamo. In Fiumefreddo Bruzio, cittadina della provincia di Cosenza, nel 1534 la comunità ebraica era dedita alla lavorazione della seta. Si era insediata in seguito agli accordi tra don Pedro Gonzales de Mendoza, viceré di Calabria che aveva trovato un compromesso per non cacciare gli ebrei, come era consuetudine degli occupanti spagnoli in Italia meridionale».
Quali i motivi del compromesso? «Ce li spiega Anna Esposito, professore associato di Storia Medievale presso La Sapienza, in un saggio intitolato “L’ebraismo nell’Italia Meridionale dalle origini al 1541”, Congedo Editore, 1996. Scrive la professoressa Esposito: ‘La terra di Fiumefreddo, che nel secondo Cinquecento diverrà uno dei centri più importanti della produzione e smercio della seta, già nel periodo precedente era un centro notevole per la produzione serica, per la qualità dell’agricoltura e per l’allevamento del bestiame».
Dunque, i motivi della proroga alla cacciata degli ebrei a Fiumefreddo furono di tipo economico. Essi furono redatti in un documento detto “Bifolio”. Chi furono i contraenti dell’accordo? «Per gli spagnoli, don Pedro Gonzales de Mendoza, viceré di Calabria; per la comunità ebraica calabrese fu David Gattegno, ebreo di origine catalana, che risiedeva a Roma. David era parente di Leone Gattegno, banchiere molto influente tra il 1506 e il 1529, nella capitale dello Stato Pontificio. Il legame con Leone favorì le profittevoli attività di Davide Gattegno nel commercio della seta. Questo spiega il suo interesse per la comunità ebraica di Fiumefreddo».
Qualcosa, però cambiò, nell’egemonia ebraica sul commercio della seta. «Sì, l’imprenditoria ebraica nel mercato della produzione della seta, che consisteva principalmente nella pratica delle anticipazioni creditizie, fu soppiantata dai mercanti genovesi che esportavano seta grezza destinata alla lavorazione nella città di Genova, con la conseguente perdita della centralità dei banchieri ebrei in Calabria».
Fatto sta che, comunque, scaduta la proroga contenuta nel “bifolio” gli ebrei di Fiumefreddo, come successe ovunque nel Meridione dominato dagli spagnoli, furono scacciati. Come finirono a Sacrofano? «Sappiamo che il “bifolio” è attualmente conservato nell’Archivio Orsini presso l’Archivio Storico Capitolino. Questo fa pensare che il documento sia stato utilizzato, anche con alcune modifiche, come base per l’ammissione della comunità ebraica in alcune località  del  Lazio. Va  ricordato  che  Sacrofano era un feudo Orsini, dunque era nelle condizioni di venire considerato tra i domini di cui parla Paolo III nell’autorizzare l’insediamento a Sacrofano. La comunità ebraica di Sacrofano, a cui fu concesso di aprire un banco di pegno, fu guidata da Simone Cuscio, ebreo calabrese, che era, se non in affari, in ottimi rapporti con Davide  Gattegno,  autore  di  quel  “bifolio” che, se pur emendato e adattato alla nuova realtà, fu la base giuridica della presenza degli ebrei nel ghetto di Sacrofano».
Oggi, il Ghetto ebraico di Sacrofano rappresenta un importante esempio di insediamento ebraico in un piccolo centro italiano, che offre uno spaccato della storia e della cultura ebraica nel Lazio.
(foto di Romeo Mancori)

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