Essere un paese o essere un centro residenziale?

27/04/2025 | La riflessione

Questo è il problema di Sacrofano, parlarne per affrontarlo insieme è già una soluzione

di Lorenzo Bandinelli

A Sacrofano convivono due anime: quella del borgo che viene dal passato e quella del centro residenziale alle porte di Roma con baricentro spostato verso la Capitale. Se a questo aggiungiamo la tendenza all’isolamento figlia della modernità fatta di social e piattaforme tv la china intrapresa sembra un percorso inevitabile. Perché? Ci sono dei fenomeni quali gentrificazione – l’espulsione dai centri storici della città a causa dell’aumento degli immobili utilizzati per affitti brevi – o la rinnovata esigenza, post covid, di abitazioni a stretto contatto con la campagna o che dispongano almeno di un giardino che, al netto del calo demografico, potrebbero portare ad un incremento della popolazione dei paesi, soprattutto di quelli che gravitano nelle vicinanze dei grandi centri urbani. A dispetto di una ritrovata attrattività abitativa, alla quale non sempre corrisponde un adeguamento del livello dei servizi, si evidenzia però un impoverimento della socialità, ovvero la capacità di connettersi e creare relazioni tra individui. È un fenomeno esteso quello dei paesi che negli ultimi 30 anni hanno raddoppiato i residenti ma hanno ridotto sensibilmente le occasioni o modalità di socializzazione. Le dinamiche sono ovunque simili: paesi se non proprio dormitorio quantomeno senza alcuna attrattiva o possibilità relazionale al punto che chi ci è cresciuto si constata amaramente di vivere in luogo del tutto diverso rispetto a quello dei suoi ricordi. Un recente rapporto della UE ha evidenziato come l’isolamento sia un problema diffuso in Europa, quasi un’emergenza, tanto da essere oggetto di un piano specifico, ‘Lonely-EU’, che  si propone di comprendere le cause e le conseguenze della solitudine e dell’isolamento per combattere un fenomeno che, in una società sempre più interconnessa, rischia di lasciare troppe persone senza un’adeguata rete di relazioni sociali significative. Da una parte si assiste allo spopolamento delle aree interne e remote, dall’altra si creano agglomerati alle porte delle città che snaturano il concetto di paese per come lo conoscevamo, o lo idealizziamo. Per i paesi che si trovano più distanti da Roma arginare tale fenomeno è più semplice; da sempre sono dotati di una vitalità diversa, lì vivere il paese è un’esigenza assoluta e non un’opzione snob. Lo sviluppo urbano influenza le abitudini? Sicuramente sì, come il concetto sempre più diffuso per cui uno spazio o un luogo abbiano valore se sono privati o concorrono a generare profitto, vedi parcheggi, e strade, molto meno se sono pubblici e servono ‘solamente’ a fornire benessere o possibilità di aggregazione e passatempo, vedi piazze alberate e giardini. Passa quasi il concetto che gli spazi pubblici, intesi come bar, piazze, giardini, con tutto quello che di positivo si portano dietro in termini di socialità e convivialità, siano sempre più un ripiego per chi non può permettersi ambienti privati ampi e appaganti: in sostanza al netto di un cambiamento sociale legato all’offerta tecnologica attuale, si esce meno perché le alternative sono più intriganti e meno faticose. Questo è il punto della questione. È qui che bisogna intervenire, attraverso iniziative collettive, per ridare vigore a quella socialità che è insieme humus culturale e anima sociale di un paese come Sacrofano.

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