Il trucco di certe polemiche sta nel confondere il discorso politico con l’appartenenza a una parte politica
L’Istat ha indagato sul disinteresse per il discorso politico definendolo una malattia della democrazia, una degenerazione che porterebbe le istituzioni liberali a morire lentamente nel disinteresse o nella diffidenza.
In un rapporto intitolato “Partecipazione politica in Italia” si afferma che la partecipazione al discorso politico è la misura della vitalità democratica di un paese, che è importante “per la coesione e il benessere della collettività perché dalla natura del rapporto tra cittadini, gruppi e istituzioni politiche che caratterizza un sistema politico dipende, in ultima analisi, la qualità stessa della democrazia”. Affrontiamo questo argomento perché il tema rimanda direttamente alla ragione fondante della nascita del nostro giornale, che è promuovere le qualità, la cittadinanza attiva e la coesione sociale del paese, cioè della nostra polis –che per i greci era la comunità civica, cioè l’idea di città, e dunque di vita pubblica e comunità di cittadini. Ma veniamo ai fatti. Nel 2024, a informarsi di politica almeno una volta a settimana è meno della metà della popolazione di 14 anni e più, per la precisione il 48,2%, 8,9 punti percentuali in meno rispetto al 2003. Più di un quarto della popolazione di 14 anni e più (29,4%) non si informa mai di politica. Si tratta, in valori assoluti, di 8 milioni 900mila donne e 6 milioni 300mila uomini: pari rispettivamente al 33,4 e al 25,1%. Ancora più cospicua la componente di popolazione che non parla mai di politica (36,9%): più di 11 milioni e mezzo di donne (43,6%) e oltre 7 milioni e mezzo di uomini (29,9%). A interessarsi e parlare di politica regolarmente sono soprattutto le persone che appartengono a nuclei familiari agiati, cui solitamente si associano titoli di studio mediamente più elevati, mentre i meno abbienti sono più portati a non occuparsene mai. La disaffezione totale per l’informazione e la discussione politica è più diffusa in presenza di titoli di studio più bassi. Non si informa mai di politica l’11,3% dei laureati, una percentuale più che doppia di diplomati (24,4%) e quasi quadrupla di quanti hanno al più la licenza media (41,2%). Colpa dei media, del digitale soprattutto? Il rapporto, sorprendentemente, ci dice che quasi la metà degli utenti di Internet (47,5%, 8,2 punti percentuali in più rispetto al 2014) si informano attraverso i social network; afferma che circa i due terzi (65,4%) di quanti usano la rete per informarsi di politica lo fa ancora attraverso i quotidiani (le versioni on line dei quotidiani) e le news dai canali Internet. Noi abbiamo scelto la carta, perché “carta canta, villan dorme”, come dice il detto. Insomma, ci sono questioni di cui è meglio non parlare per sentito dire, né per partito preso.

