Camminare significa vivere il territorio, significa immergersi ed esplorare ogni angolo scoprendone i segreti
A cura degli Esploratori Veientani *
Camminare è un’attività incredibilmente benefica per la salute fisica e mentale. Farlo all’aperto aiuta a connettersi con la natura godendo del sole e dell’aria fresca. Farlo insieme aiuta a rafforzare le relazioni e a creare nuovi legami. Farlo in un ambiente incontaminato è un’esperienza straordinariamente rigenerante e liberatoria che permette di apprezzare la bellezza di ciò che ci circonda. In realtà, significa vivere il territorio, cioè immergersi ed esplorare ogni angolo per scoprirne i segreti. Passeggiare sulle antiche strade, imboccare i sentieri di una volta permette, dunque, di riscoprire la Storia e la cultura di un luogo in maniera più approfondita, in un’atmosfera unica e suggestiva. Così, in onore di San Francesco, figura legata per molti aspetti all’esplorazione e alle scoperte, la mattina del 4 ottobre, messi in cammino nonostante la giornata minacciasse pioggia, ha permesso di coprire l’intero percorso che da Pian Braccone in Castelnuovo di Porto conduce alle Sorgenti del Cremera, estremità dei territori di Sacrofano, Formello e Campagnano, coprendo la distanza di 15 km. Salendo dapprima sul costone di Belmonte, ricco di vegetazione e soprattutto di grotte dove nella parte più meridionale spunta una torre medievale da avvistamento, procedendo diretti verso i pratoni denominati Quarti dalle comunità locali che caratterizzano, ecco apparire un ambito così omogeneo e ricco di verde ricompreso nei comuni di Riano, Castelnuovo, Sacrofano e Morlupo. Questo da secoli ha una destinazione agricola o meglio adibito a pascolo di ovini, bovini ed equini. Per tale motivo si potrebbe definire “la nostra Irlanda”. Ettari di prati e di boschi dove esiste la possibilità concreta di incrociare un cinghiale o incontrare un lupo. Dove l’unico mezzo di trasporto, il più antico, sono le gambe ed è facile imbattersi in testimonianze di epoche passate che nonostante tutto resistono all’usura del tempo e allo stesso all’abbandono dell’uomo. Ripercorrendo questi sentieri, viene alla luce l’antico uso di queste terre, grazie al ritrovamento di particolari manufatti, “le pestarole”, destinate a diversi scopi, come la spremitura dell’uva o il lavaggio della canapa. Per non dire dei vigneti e di quali altre immaginabili attività potevano essere esercitate . Nelle vicinanze e anche all’interno del fosso di Costa Frigida tra pestarole e canalizzazioni, l’attività dell’uomo deve essere stata assai vivace e florida. Lo dicono chiaro al giorno d’oggi, gli scavi prodotti nei blocchi di tufo di cui tutta l’area abbonda. (1. Continua).
[*] Luigi Perini, Francesco Braghetta, Giannicolombo Gualerni e Pietro Macrì.


