Anche a Sacrofano le amazzoni sono la stragrande maggioranza dei praticanti l’equitazione
Per secoli l’equitazione, l’allevamento e la cura dei cavalli sono stati ritenuti una “cosa da uomini”. Cavaliere è stato un titolo nobiliare monarchico e oggi è una onorificenza repubblicana. Fino alla Prima guerra mondiale, poco più di un secolo fa, la cavalleria era una delle forze armate. Montare era considerata un’arte marziale, l’allevamento era appannaggio esclusivo di chi possedeva grandi ricchezze, la doma dei puledri veniva generalmente condotta con la forza, per sottomettere l’animale. Le cose sono radicalmente cambiate. Il cavallo s’è affrancato dal suo retaggio militare e ha perso il suo ruolo simbolico di rappresentazione del potere, per trasformarsi in compagno nell’attività sportiva e nel tempo libero, tanto che le statistiche dicono che le donne rappresentano l’80% dei praticanti l’equitazione. Sembra una rivoluzione, ma forse si tratta solo della naturale evoluzione di un rapporto tra specie diverse, in cui le donne hanno finalmente potuto dimostrare la loro peculiare attitudine. D’altronde, anche se più rare di oggi e meno note, perché oscurate da una cultura patriarcale che le voleva in ombra, donne di cavalli sono sempre esistite. La conferma è facilmente riscontrabile a Sacrofano, basta vedere che il numero delle amazzoni ai maneggi supera quello dei cavalieri. (Nella foto: Ginevra Marinelli, 18 anni, si allena al maneggio Le Piane di Sacrofano, il suo istruttore è Giuseppe Felici).


