Stavolta non si tratta di slang nato tra i ragazzi della generazione Z. Secondo la Treccani questo neologismo è un adattamento della voce inglese broligarchy, composta dai sostantivi bro(ther) (‘fratello’) e (o)ligarchy (‘oligarchia’). Broligarchy è una creazione della giornalista Carole Cadwalladr, autrice dell’articolo intitolato How to survive the broligarchy: 20 lessons for the post-truth world (‘Come sopravvivere alla broligarchia: 20 lezioni per il mondo della post-verità’), apparso sul quotidiano inglese The Guardian. Un modo molto efficace – dice la Treccani – per descrivere la ristretta cerchia di uomini ricchissimi e potenti, rappresentanti delle grandi aziende nell’àmbito delle tecnologie più avanzate, competitive e innovative, che condizionano o mirano a condizionare gli orientamenti politici e le scelte dei governi.
Non solo. La broligarchia, puntualizza ancora la Treccani, riscrive le regole dei giochi globali. È un fenomeno mondiale, non solo americano, accomunato dal desiderio di sfuggire a ogni controllo democratico. Il bro Thiel, cioè Peter Thiel, imprenditore e politico statunitense, che conosciamo anche in Italia per via della sua azienda, la Palantir che fornisce analisi dei big data ad aziende pubbliche e private, ha detto: “La libertà è incompatibile con la democrazia.” I nababbi al potere non si accontentano di accumulare miliardi con razzi, e-vehicle, e-commerce, social media o criptovaluta, ma puntano a ridisegnare le fondamenta della società, svuotando la democrazia dall’interno, secondo Carlo Pizzati, di stampa.it, in un articolo apparso il 24 novembre 2024.

